La mattina nella Terra dei Fiori era sempre serena, ma quel giorno un silenzio strano aleggiava nell’aria. I fiori non si aprivano al tocco del sole, e il vento soffiava solo a brevi raffiche, come se la natura stessa trattenesse il respiro.
Persefone camminava lentamente tra i prati, seguita dalle sue inseparabili amiche Oceanine. Dione, Ploto e Metis la osservavano con apprensione. Da quando avevano scoperto il Cuore di Cristallo nella grotta nascosta, qualcosa in Persefone era cambiato. La giovane dea sembrava più pensierosa, come se qualcosa la chiamasse da lontano, ma non riuscisse ancora a comprendere appieno il suo destino.
“Cosa c’è che non va?” chiese Ploto, rompendo il silenzio, mentre saltellava attorno a Persefone, cercando di sollevarle l’umore. “Sei sempre così seria ultimamente. Non ti riconosco più!”
Persefone si fermò, osservando l’orizzonte. “È solo che… sento che sta per succedere qualcosa. Qualcosa di grande. Non posso ignorarlo.”
Metis annuì. “Anche io sento una strana energia. Come se una presenza oscura stesse per avvicinarsi.”
Dione, con la sua calma consueta, si chinò a toccare un fiore appassito. “La natura sembra inquieta oggi. Non ho mai visto i fiori così tristi.”
In quel momento, il terreno sotto di loro tremò. Un mormorio profondo si propagò dalla terra, facendo sobbalzare le ragazze. Il suono sembrava provenire dalle viscere della Terra stessa, come se una forza antica stesse per risvegliarsi.
“Cos’è stato?” chiese Ploto, spaventata.
“Non è un terremoto normale,” rispose Metis, osservando il suolo con attenzione. “Sento che qualcosa di antico e potente si è risvegliato.”
Persefone strinse i pugni, cercando di mantenere la calma. “Qualunque cosa sia, dobbiamo scoprirlo. Il mio destino è legato a questi avvenimenti, e non posso più restare ferma a guardare.”
Le quattro ragazze si misero in cammino, seguendo i tremori della terra. Il suolo sembrava indicare loro la strada, portandole verso una foresta oscura che non avevano mai esplorato prima. Gli alberi qui erano antichi e imponenti, e le loro foglie creavano un tetto fitto che impediva ai raggi del sole di filtrare.
“Odio questo posto,” mormorò Ploto, stringendosi il più possibile vicino alle altre. “È così… freddo.”
Dione annuì. “Anche l’acqua dei ruscelli qui è diversa. Sembra stagnante.”
Metis si avvicinò a Persefone. “Siamo sicure di voler continuare? Potrebbe essere pericoloso.”
Persefone non si fermò. Il suo cuore batteva forte, e ogni passo che faceva sembrava portarla più vicino alla verità. “Dobbiamo andare avanti. So che c’è qualcosa qui, qualcosa che ha a che fare con il mio destino.”
All’improvviso, davanti a loro, la foresta si aprì su una vasta radura. Al centro, un’antica statua di pietra, alta come un palazzo, si stagliava contro il cielo plumbeo. La statua rappresentava un titano, una delle antiche divinità della Terra, con muscoli scolpiti e un volto impassibile. Tuttavia, c’era qualcosa di inquietante in quella figura: dagli occhi della statua scendevano lacrime di lava rossa che colava fino al suolo, creando un fiume di fuoco che serpeggiava attorno alla radura.
“Quella è… una statua di Iperione, il titano del sole,” sussurrò Metis, riconoscendo la figura leggendaria. “Ma perché piange lava?”
Dione osservò la scena con attenzione. “Qualcosa lo ha risvegliato. I titani non si mostrano senza motivo.”
Proprio in quel momento, un tuono rimbombò nel cielo, e un’ombra enorme si mosse dietro la statua. Dalla terra emerse una figura massiccia, alta più di qualsiasi albero nella foresta. Era il titano stesso, risvegliato dal suo sonno millenario. I suoi occhi brillavano di un’ira antica, e ogni suo passo faceva tremare il terreno.
“Chi osa disturbare il mio riposo?” tuonò il titano, con una voce che sembrava scuotere il mondo.
Persefone, senza esitare, fece un passo avanti, fissando il titano con coraggio. “Io sono Persefone, figlia di Demetra. Non volevo risvegliarti, ma sono qui per scoprire la verità sul mio destino.”
Il titano la fissò, con uno sguardo profondo come gli abissi del mare. “Persefone, figlia della Terra. Il tuo destino è intrecciato con quello degli dèi e dei titani. La tua esistenza stessa è il legame tra la vita e la morte. Ma sappi questo: la tua strada sarà piena di ombre.”
Le parole del titano sembravano pesare su Persefone come un macigno. “Che cosa vuoi dire?”
“La Terra e gli Inferi sono in equilibrio, ma quel legame è fragile. Il tuo potere è destinato a crescere, ma con esso verranno grandi responsabilità. E con ogni passo che farai, l’ombra di Ade si avvicinerà.”
Persefone si irrigidì. Non aveva mai sentito parlare del dio degli Inferi, ma il solo nome sembrava portare un freddo oscuro nelle sue ossa.
“Ma non sono sola,” rispose Persefone, guardando le sue amiche. “Le Oceanine sono con me. Affronteremo tutto insieme.”
Il titano la guardò, e per un istante, un’espressione di rispetto si dipinse sul suo volto antico. “Hai coraggio, giovane dea. Ma ricorda, il coraggio da solo non sarà sufficiente. Quando l’ombra cadrà su di te, dovrai scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è inevitabile.”
Dopo aver pronunciato queste parole, il titano si voltò, tornando lentamente verso la statua da cui era emerso. Il suolo smise di tremare, e la lava cominciò a ritirarsi, lasciando solo un leggero fumo nell’aria.
Persefone rimase immobile, cercando di processare tutto ciò che aveva appena sentito. Il suo cuore batteva forte, ma sentiva che il suo cammino si stava delineando sempre di più. Aveva una missione, e nulla l’avrebbe fermata.
Le Oceanine si avvicinarono, stringendosi attorno a lei.
“Non importa cosa accadrà,” disse Metis con calma, “noi saremo sempre al tuo fianco.”
Persefone sorrise debolmente. “Grazie, amiche. So che insieme possiamo affrontare qualsiasi ombra.”
Le ragazze si misero in cammino, pronte a continuare il loro viaggio, sapendo che nuove sfide e misteri le aspettavano all’orizzonte. Ma ora erano pronte, e niente avrebbe potuto spezzare il loro legame.