In una fresca mattina di primavera a Balandia, la città degli animali era in fermento per la grande festa che si sarebbe tenuta nel parco centrale. Ogni anno, durante la Festa dei Cappelli Stravaganti, gli abitanti indossavano cappelli fantasiosi per sfilare per le strade e partecipare a una parata colorata. Il premio più ambito? La Corona del Cappello d’Oro, un trofeo d’oro massiccio, assegnato al cappello più creativo e spettacolare.
Calogero Rabbit, che non era mai stato un grande fan dei travestimenti, stava per saltare la festa per dedicarsi a un nuovo caso. Stava già pensando di immergersi in uno dei suoi soliti misteri quando, all’improvviso, il suo telefono squillò.
“Calogero!” La voce preoccupata di Frida Volpe ruppe il silenzio della mattina. “Devi venire subito! È successa una cosa terribile!”
“Sono già in cammino,” rispose Calogero, afferrando la sua lente d’ingrandimento e il suo inseparabile cappello. In pochi minuti era già alla scena del crimine, nel cuore del parco.
Quando arrivò, trovò Frida Volpe in compagnia di Orso Baleno, entrambi visibilmente agitati. La festa era stata interrotta, gli animali si guardavano attorno confusi e una folla si stava radunando intorno a qualcosa di insolito.
Frida lo guidò velocemente verso il centro della confusione. “Calogero, è incredibile! Il Cappello d’Oro… è sparito!”
Calogero sgranò gli occhi. Il trofeo, che doveva trovarsi su un piedistallo al centro del parco, era completamente scomparso. Al suo posto c’era solo un piccolo pezzo di carta, arrotolato in modo misterioso.
“Chi potrebbe averlo rubato durante la festa, con tutta questa gente in giro?” chiese Orso Baleno, grattandosi la testa. “Il ladro deve essere incredibilmente abile.”
Calogero si inginocchiò e osservò attentamente il biglietto. Lo srotolò con delicatezza e lesse a voce alta: “Chi troverà il cappello dorato, avrà l’oro che ha cercato. Ma attenti ai passi che fate, o vi perderete in ciò che amate.”
Frida sbatté le palpebre. “Cosa significa?”
“Un enigma,” disse Calogero, alzandosi. “Il ladro vuole giocare con noi. E se c’è qualcuno che ama i giochi mentali, è solo una persona: Eugenio Depen.”
Un brivido percorse la schiena degli amici. Eugenio Depen, il famigerato ladro imprendibile, era tornato all’azione. Ma perché rubare il trofeo della festa? Non era il suo solito stile.
Calogero rifletté per qualche istante. “L’enigma parla di perdere qualcosa che si ama. Forse Eugenio sta cercando di sviare le nostre ricerche, nascondendo il trofeo in un luogo legato a un amore particolare. Ma di chi?”
Mentre rifletteva, un’idea cominciò a farsi strada nella mente di Calogero. “Frida, Orso, dobbiamo andare al Vecchio Mulino del Fiume!”
“Il mulino? Perché proprio lì?” chiese Orso Baleno, confuso.
“Perché Eugenio Depen ha un legame con quel posto. È lì che si nascondeva da piccolo quando scappava da casa,” spiegò Calogero. “È un luogo che ha sempre amato. E se l’enigma è corretto, è lì che troveremo il Cappello d’Oro.”
La squadra si diresse velocemente verso il Vecchio Mulino. L’edificio, ormai in disuso, era circondato dalla natura selvaggia, con il fiume che scorreva placido accanto. Arrivati davanti all’ingresso, Calogero osservò attentamente l’ambiente. Qualcosa non andava.
“Attenti,” sussurrò. “Eugenio potrebbe aver piazzato delle trappole.”
Mentre avanzavano cautamente, Orso Baleno si fermò di colpo. “Guarda qui!” esclamò. Ai loro piedi c’era una fila di piccole impronte, troppo piccole per essere di un orso o di una volpe. “Sono sue! Eugenio è già qui.”
Seguendo le impronte, si addentrarono nel mulino, dove trovarono un meccanismo complesso che Eugenio aveva costruito. Era una trappola ingegnosa, fatta di corde e pulegge che avrebbero bloccato chiunque si fosse avvicinato troppo al tesoro.
Ma Calogero era preparato. Con pazienza e attenzione, disattivò le trappole una per una, finché non raggiunsero il centro della stanza.
Lì, in cima a un vecchio baule polveroso, brillava il Cappello d’Oro.
Frida tirò un sospiro di sollievo. “Lo abbiamo trovato!”
Ma proprio mentre allungavano la mano per prendere il trofeo, una risata risuonò nell’aria. “Complimenti, Calogero,” disse una voce dall’ombra. “Sei arrivato fino a qui, ma credi davvero di poter prendere il cappello senza pagarne il prezzo?”
Era Eugenio Depen, nascosto tra le travi del soffitto. Con un salto agile, si posizionò davanti a loro, bloccando l’uscita. Ma questa volta, Calogero non era impreparato. Sorrise tranquillamente e tirò fuori dalla tasca un piccolo specchietto.
“Eugenio, ti ricordi del nostro ultimo incontro? Hai dimenticato qualcosa molto importante.”
Il ladro aggrottò le sopracciglia. “Cosa?”
Calogero alzò lo specchio. “La luce.”
E proprio in quel momento, un raggio di sole penetrò attraverso una finestra, riflettendosi sullo specchio di Calogero e accecò momentaneamente Eugenio. Con un movimento rapido, Calogero e Orso Baleno immobilizzarono il ladro, mentre Frida afferrava il Cappello d’Oro.
“E questa volta, Eugenio,” disse Calogero con calma, “finirai dove meriti.”