Il sole era alto nel cielo, e la luce dorata dell’estate riempiva la Terra dei Fiori. Persefone e le sue inseparabili amiche, Ploto, Dione e Metis, si erano appena svegliate da una notte passata a contemplare il misterioso giardino incantato che avevano scoperto il giorno prima. Nonostante la pace del luogo, c’era qualcosa che non lasciava tranquilla Persefone. La ninfa Custodia aveva parlato di segreti e destini, e il pensiero di questi misteri continuava a ronzarle in testa.
“Ci pensi ancora, vero?” chiese Ploto, mentre saltellava attorno a un piccolo ruscello che si era formato nella notte, facendolo spruzzare intorno a loro.
Persefone, seduta su un masso coperto di muschio, annuì. “Non posso fare a meno di pensare a quel giardino… Custodia ha detto che il mio destino è legato a quel posto. Ma cosa significa? Cosa c’è che non so?”
“Non tutto deve essere scoperto subito,” disse Metis con la sua solita calma. “Ogni cosa a suo tempo, Persefone. Ma capisco la tua curiosità.”
Dione, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si alzò di scatto. “Sentite!” disse, inclinando leggermente la testa. “Il fiume… lo sentite anche voi?”
Le ragazze si fermarono, ascoltando attentamente. All’inizio, tutto sembrava calmo, ma poi un suono lontano, come un mormorio, cominciò a emergere dal silenzio. Era il suono di un fiume, ma non uno qualunque.
“Non è uno dei nostri soliti ruscelli…” disse Ploto, ora più seria.
Dione annuì. “Questo suono viene da un fiume che non conosciamo. Ma come è possibile?”
Persefone si alzò, lo sguardo pieno di decisione. “Se c’è un nuovo fiume, dobbiamo trovarlo. Potrebbe avere a che fare con quello che Custodia ci ha detto.”
Le quattro amiche si misero in cammino, seguendo il suono crescente del fiume perduto. Il sentiero le condusse lontano dai prati conosciuti, in una zona della valle che non avevano mai esplorato prima. Gli alberi si fecero più fitti, le foglie più scure, e la luce del sole sembrava filtrare a malapena attraverso i rami intrecciati sopra le loro teste.
“Non mi piace questo posto,” sussurrò Ploto, nervosa. “L’acqua qui… sembra fredda, anche se non la vediamo ancora.”
“Non preoccuparti,” disse Dione, cercando di mantenere la calma. “Siamo Oceanine. Niente legato all’acqua può farci del male.”
Ma Persefone sentiva qualcosa di diverso. Il suono del fiume, ora forte e chiaro, sembrava chiamarla. Non era solo il rumore dell’acqua che scorreva; era come un sussurro, una voce che le parlava direttamente. Un richiamo che non poteva ignorare.
Finalmente, uscirono dalla foresta e si trovarono davanti a uno spettacolo sorprendente. Davanti a loro scorreva un fiume che nessuna di loro aveva mai visto prima. L’acqua era limpida e cristallina, ma c’era qualcosa di strano: scorrevano attraverso le sue acque delle ombre, come se qualcosa di antico e segreto si nascondesse nel suo fondo.
“Che strano… come può un fiume apparire così all’improvviso?” chiese Metis, studiando attentamente il corso d’acqua.
Persefone non rispose subito. Si avvicinò al fiume e si inginocchiò sulla riva. Il suono era più forte ora, quasi un canto che le riempiva la mente. “C’è qualcosa qui,” sussurrò. “Questo fiume non è come gli altri.”
Mentre parlava, le ombre nell’acqua iniziarono a prendere forma. Dal fiume emerse una figura, eterea e fluttuante, con capelli che ondeggiavano come correnti e occhi profondi e misteriosi. Era una figura familiare: la ninfa Custodia.
“Benvenute al Fiume Perduto,” disse con una voce dolce ma potente. “Questo fiume esiste da tempi antichi, nascosto agli occhi di tutti, tranne di chi è destinato a trovarlo.”
Le Oceanine si avvicinarono lentamente, ammirate e un po’ spaventate dalla vista del fiume. “Perché noi?” chiese Dione.
Custodia sorrise. “Persefone è la chiave. Il suo legame con la natura e il suo futuro l’hanno condotta qui. Questo fiume custodisce un potere che può essere risvegliato solo da lei.”
Persefone si alzò, con il cuore che le batteva forte. “Ma perché io? Cosa dovrei fare?”
Custodia fluttuò più vicino a lei. “Il tuo destino è più grande di quanto tu possa immaginare, Persefone. Questo fiume scorre attraverso i mondi, collegando il regno dei vivi a quello dei morti. Un giorno dovrai attraversarlo. Ma oggi, è qui per ricordarti che non puoi sfuggire al tuo destino.”
Le parole di Custodia colpirono Persefone come un fulmine. Il suo destino? Il regno dei morti? Perché doveva attraversare quel fiume? Ma prima che potesse fare altre domande, Custodia si voltò verso il fiume e scomparve tra le sue acque.
Le Oceanine guardarono Persefone con occhi spalancati, silenziose. Anche loro avevano capito che qualcosa di grande e terribile stava per accadere.
“Non dobbiamo avere paura,” disse infine Metis, rompendo il silenzio. “Questo fiume è qui per un motivo. Persefone, qualunque sia il tuo destino, noi saremo con te.”
Persefone li guardò, trovando conforto nelle parole di Metis. Sapeva che, qualunque cosa fosse in serbo per lei, non l’avrebbe affrontata da sola.
“Grazie,” disse, con un sorriso timido. “Siete le mie amiche più fidate, e questo mi dà forza.”
E così, con il mistero del Fiume Perduto ancora vivo nelle loro menti, le ragazze si incamminarono verso casa. Il futuro era ancora incerto, ma una cosa era sicura: il destino di Persefone stava per rivelarsi, e lei era pronta a scoprire cosa le riservava il mondo.